Negli ultimi anni si è assistito ad un’impressionante diffusione tra gli italiani delle diagnosi di intolleranze alimentari e non parliamo solo di quelle più note, come al lattosio e al glutine, ma anche quelle verso l’istamina e i FODMAP (Fermentabili Oligo-, Di e Monosaccaridi e Polioli).
Secondo i dati disponibili, circa l’8 % dei bambini e il 2 % degli adulti soffre di reazioni avverse a uno o più alimenti che si manifestano con sintomi intestinali come dolori addominali o diarrea.
In Italia, la celiachia colpisce circa l’1 % della popolazione (circa 600 000 persone), di cui solo circa 252 000 risultavano diagnosticate al 2022, ma esistono anche forme diverse dalla celiachia, come la sensibilità al glutine non celiaca (NCGS), che interessa fino a 3 milioni di italiani, una cifra che supera di molto quella dei casi accertati.
Su questo importante argomento abbiamo intervistato il Prof. Felice Cosentino, specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva presso la Clinica La Madonnina di Milano e medico accreditato Eccellenza Medica, azienda che offre servizi di prenotazione online di esami e visite mediche in ambito gastroenterologico e non solo.
Professore, è così?
"Negli ultimi anni senza dubbio sono aumentati i casi di intolleranze alimentari: oggi possiamo dire che circa il 70% delle visite ambulatoriali è per queste problematiche. Fortunatamente, al giorno d’oggi c’è molta più attenzione verso le intolleranze che, in passato, venivano molto spesso definite come “intestino irritabile” imputando la causa allo stress e all’ansia. La realtà è ben diversa e una diagnosi precoce di intolleranza consente di evitare al paziente l’utilizzo di farmaci non necessari, così come il poter evitare accertamenti più invasivi come gastroscopia e colonscopia".
Ma cosa sta causando questo aumento così significativo?
"Nel corso del tempo, la flora batterica intestinale, ovvero il microbiota, ha subìto dei cambiamenti significativi. Il primo fattore riguarda l'evoluzione delle abitudini alimentari: oggi siamo abituati a consumare cibi ultraprocessati, ricchi di additivi, conservanti, coloranti e così via. Inoltre, la vita moderna è sempre più frenetica e stressante; questo influisce negativamente sul nostro intestino. Non meno importante un utilizzo eccessivo di farmaci, spesso anche quando non strettamente necessari. Tutti questi "stress" sull'intestino causano inevitabilmente una modifica del microbiota e, in soggetti predisposti, possono scatenare l’insorgere di intolleranze alimentari".
L’intolleranza al lattosio è ancora la più diffusa? Come si manifesta?
"Senza dubbio. Questa condizione si manifesta con dolori addominali, gonfiore, produzione eccessiva di gas e nausea, che solitamente si presentano subito dopo il consumo di latte e suoi derivati. L'intolleranza al lattosio è dovuta all'incapacità di digerire il lattosio, uno zucchero composto da glucosio e galattosio: per una corretta digestione, il lattosio deve essere "spezzato" dall'enzima lattasi, che viene prodotto dalle cellule dell'intestino. Quando questo processo non avviene nell'intestino tenue, il lattosio non viene scomposto e rimane a fermentare nel tratto gastrointestinale".
Quella al lattosio è la più diffusa. Ma ne esistono molte altre…
"Un'altra intolleranza piuttosto comune, ma spesso erroneamente confusa con la celiachia, è quella al glutine, conosciuta anche come "sensibilità al glutine". La sensibilità non celiaca al glutine si manifesta, nelle persone predisposte, dopo aver consumato alimenti contenenti farina come pane, pasta o pizza. I sintomi più comuni che si verificano dopo il pasto sono gonfiore addominale, spasmi, stipsi e/o diarrea".
"Vi è poi l’intolleranza all’istamina, vale a dire una molecola biogena presente sia nel corpo umano che in molti alimenti che in un individuo sano viene rapidamente metabolizzata dalla diaminossidasi (DAO), un enzima prodotto dall'intestino tenue, in modo da evitare che venga assorbita. Quando questo meccanismo non funziona correttamente, l'enzima DAO non è in quantità sufficiente per scomporre l'istamina assunta con il cibo: questo provoca sintomi gastrointestinali, ma anche altri disturbi come tosse, irritazione delle mucose nasali e orali. Per i pazienti con intolleranza all'istamina, la raccomandazione è di limitare il più possibile l’assunzione di alimenti che favoriscono il rilascio di istamina, come ad esempio pomodori, spinaci, cibi conservati, crostacei e bevande alcoliche".
Come avviene la diagnosi di queste intolleranze?
"Se parliamo di intolleranza al lattosio la diagnosi avviene attraverso il breath test o test del respiro, oppure attraverso una biopsia duodenale (test istantaneo) in corso di gastroscopia (tradizionale o per via nasale). Per la “gluten sensitivity” non esistono invece test specifici e in questi casi un’attenta anamnesi è fondamentale per capire quando si manifestano i sintomi e soprattutto dopo aver mangiato quali alimenti; se c’è il sospetto va eliminato il glutine per almeno 20 giorni dopo aver escluso una reale celiachia. Quando si diagnostica una intolleranza al glutine la cura generalmente è l’eliminazione degli alimenti contenenti glutine per almeno 6/12 mesi; questa condizione è reversibile nel tempo".
Evitiamo il “fai da te”, possiamo dirlo?
"Dobbiamo dirlo! Escludere alimenti senza motivo può avere conseguenze anche molto serie per la nostra salute. E attenzione anche all’utilizzo indiscriminato di probiotici che può andare ad alterare il microbiota e, in soggetti predisposti, portare all’insorgenza di intolleranze. E soprattutto evitare i test generici per le intolleranze che sono costosi ed hanno scarsa affidabilità. Come anche evitare di sottoporsi ad accertamenti di secondo livello (gastroscopia, colonscopia, TAC addome, ecc.). Bisogna assolutamente affidarsi al gastroenterologo con esperienza nel settore che indicherà il corretto iter diagnostico/terapeutico".
Concludiamo parlando di celiachia: l’obiettivo è una diagnosi sempre più precoce, è corretto?
"Assolutamente. La celiachia è una reazione immunitaria scatenata dall'assunzione di glutine che provoca infiammazione nell'intestino tenue, l’obiettivo principale è arrivare a diagnosi sempre più tempestive. Diagnosticare la celiachia già nei primi anni di vita è fondamentale. In Italia, infatti, si stima che ci siano circa 600.000 persone affette da celiachia, ma solo 200.000 sono state diagnosticate. È quindi chiaro che identificare prima i pazienti permette di rimuovere il glutine dalla loro dieta e prevenire complicazioni legate alla malattia, come ritardi nella crescita nei bambini, malassorbimento e patologie anche molto gravi, come tumori, dovute alla persistente infiammazione intestinale".